- IL DIARIO DI ANAYA -

( Compagna universitaria di Lara e Amanda)

 

Cap. 7  

Il resto dell’anno l’ho trascorso sempre assieme a loro, eravamo inseparabili.

 

Finchè nel 1992 mio padre non ricevette una proposta di lavoro dall’azienda tessile dove lavoravano sia lui che  Franco Imanu, mio zio (il padre di mio cugino Lucas): l’azienda aveva una filiale in Bolivia, a La Paz, dove mio padre sarebbe stato pagato meglio. Ovviamente, mio padre, Diego, non ebbe dubbi sul da farsi: prese un appartamento a La Paz e ci trasferimmo lì, seguiti dalla famiglia di mio cugino Lucas.

 

Per me non fu un bel periodo: dovetti salutare tutti i miei amici, soprattutto mi mise molta tristezza il dover separarmi dalla mia grande amica Catarina… ein più in quel periodo morì anche Lothar, il mio adorato cagnolino.

 

Approdai a La Paz con uno stato d’animo profondamente giù di morale. La nuova casa mi appariva fredda e anonima, abituata com’ero ai colori e alla vita di Rio De Janeiro.

Mi mancavano un sacco i miei amici, continuavo comunque a sentirmi via lettera con Catarina e le dicevo di salutarmi tutti e di tenermi informata sulle ultime news del gruppo.

 

Nei primi tempi mi sentivo piuttosto sola e a casa mi annoiavo, così decisi di iniziare a fare un po’ di sport. Dai 6 ai 9 anni ho fatto nuoto nella piscina più vicina a casa mia nel distretto di Campo Grande. Ero diventata una delle più brave, ma poi la piscina è stata chiusa e l’altra più vicina a Campo Grande era troppo lontana da casa mia, per i miei genitori era troppo impegnativo portarmi avanti e indietro e così decisi di cambiare sport. A 10 anni mi sono iscritta al corso di pallavolo, giocando come attaccante. Catarina e Ana Beatriz giocavano nella mia stessa squadra, in serie D. Mi piaceva molto la pallavolo, ma poi, dovendomi trasferire in Bolivia, ho dovuto lasciare la squadra. E, una volta arrivata a La Paz, decisi di ricominciare da zero con uno sport deciso, duro, impegnativo, faticoso…da ragazza tosta quale sono. Ovvero, la kick boxing.

 

Il primo giorno del corso, mi infilo un paio di pantaloni comodi da fitness neri, una canottiera bianca e un paio di scarpe da ginnastica con la mia immancabile bandana rossa, ed arrivo con un’ora di anticipo. Entro a passo deciso nella palestra, tenendo a tracolla un borsone sportivo con il mio cambio di vestiti e uno stereo. Appoggio lo stereo alla panchina per fare i piegamenti, attacco la spina alla presa del muro e metto su una cassetta degli AC/DC. La stanza era completamente vuota, sotto alle note di Highway To Hell che mi danno la carica inizio a tirare pugni al punching ball nero lì vicino, giusto per scaldarmi un po’.

 

Destro, sinistro, dritto, destro, rovescio, sinistro.

 

Inizio a prenderci gusto, mi fa sfogare, mi piace. Gli AC/DC sono dei grandi. Che mito Angus Young.

 

Highway To Hell, se non sbaglio?”

 

Una voce femminile mi coglie di sorpresa. Mi volto stupita, cercando di individuare con gli occhi la fonte di quella frase. E la trovo. Una ragazza un poco più bassa di me, con i capelli corti neri dal taglio punk, corti in parte e sparati col gel in testa, un paio di grossi orecchini pendenti azzurri, un top azzurro e un paio di pantaloni comodi neri come i miei. Ha un fisico esile, poco seno, fianchi stretti, le labbra carnose, il naso piccolo, la carnagione abbronzata. Un piercing nella parte alta dell’orecchio sinistro, gli occhi truccati con la matita nera e il mascara. E’ appoggiata allo stipite della porta con le braccia incrociate e un’aria amichevole nello sguardo. Sembra abbia voglia di fare amicizia. Decido di accogliere il suo sguardo con un sorriso altrettanto amichevole da parte mia.

 

“Album del 1979, Highway To Hell, esatto.” Rispondo io sfilandomi un guantone. Poi rialzo gli occhi verso di lei con un sorriso. “Mi chiamo Anaya.” Aggiungo, porgendole una mano.

 

“Heliza Rubio.” Fa lei stringendomela. Poi tira fuori i suoi guantoni dalla sua borsa. Se li infila, guardandomi con un sorriso sornione. “Ti va di fare un piccolo incontro?” mi propone poi.

 

“Sinceramente questo è il mio primo giorno…” commento io guardandola, un po' di incertezza nella voce.

 

Heliza mi da’ un’occhiata con lo sguardo di chi la sa lunga, poi mi da’ una pacca sulla spalla col guantone.

“A giudicare dai pugni che ti ho visto dare prima a quel povero punching ball, non mi sembri poi così indifesa… allora ti va o no? Ultima chance”

 

Io mi guardo i guantoni, poi batto fra di loro le nocche sorridendo ad Heliza.

 

“Fatta! Fammi vedere di cosa sei capace. Ti prometto che avrai filo da torcere!” le rispondo decisa e sicura di me come sono sempre stata, lanciandole uno sguardo di sfida.

 

....Ho notato da subito che aveva qualcosa di speciale. La mia stessa grinta, la mia stessa sicurezza... sì, quella ragazza mi piaceva decisamente un sacco.

 

 

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