17 settembre 1994
Ieri non ho potuto
scrivere perché papà ha insistito per portarmi fuori a pranzo con lui
e un suo collega, naturalmente c’era anche il figlio. Mi fa ridere papà,
penserà davvero che non mi sia accorta di quello che sta combinando?
Ormai questi pranzi con i figli di “colleghi” accadono spesso.
Quello di oggi era Dean, aveva solo tre anni in più di me, ma era così
noioso! Un po’ troppo saputello. Ma lasciamo perdere. Dov’ero
arrivata? Ah si, all’ultima volta che rividi mia madre. Ero molto
piccola, ricordo che piangevo spesso. Zia Alice mi tenne con sé per un
mese circa, poi finì in Giappone. Lì dopo due madri ebbi un finalmente
un padre, Richard. Era americano, ma il suo lavoro lo portava spesso
all’estero, zia Alice si era data da fare per trovare qualcuno che mi
adottasse e mi desse le cure di cui avevo bisogno. All’epoca papà era
un agente qualsiasi della TRINITY, ora è ai vertici
dell’organizzazione, mio padre è molto bravo ed affidabile. Non so di
preciso di cosa si occupi, e comunque non mi è permesso parlarne. Fu
molto gentile con me, zia Alice mi aveva messo su un aereo
abbandonandomi a me stessa, piangeva più di me, e mi promise che quando
sarei ritornata mi sarebbe venuta a trovare. Zia Alice sarebbe stata una
buona madre per me, questo penso da quel momento. Quando sto a Ottawa
viene spesso a trovarmi e mi ascolta molto volentieri. Richard mi venne
a prendere in aeroporto, ricordo che all’inizio ero molto spaventata
dai giapponesi, li trovavo così strani! Ma presto mi abituai, papà mi
portava fuori tutte le volte che poteva, ed ero così impegnata da quel
mondo nuovo che non soffrii molto per tutti quei cambiamenti. A soli
cinque anni potevo passeggiare per strada parlando il giapponese con le
altre bambine, era una lingua che mi faceva ridere parecchio, a
scriverla imparai molto più tardi, ma non per necessità.
L’anno seguente la
missione di papà finì e potemmo rientrare a New York, la base della
TRINITY. Come promesso zia Alice mi venne a trovare e insieme dedicammo
l’intero pomeriggio allo shopping per la scuola. Non mi piacevano i
vestiti occidentali, ricordo che feci perdere la pazienza a zia Alice
cercando quei bellissimi Kimono che indossavano le bambine giapponesi,
alla fine trovammo comunque dei bellissimi abitini che mi piacevano.
Papà e zia Alice si
trovano molto bene insieme, sono due persone molto gentili. Lei mi ha
detto che ora che ho sedici anni devo occuparmi io di papà, visto che
sono la donna di casa, mi ha insegnato a fare il bucato e a cucire, ora
sto imparando a cucinare.
Lo trovo molto
divertente, anche se ogni tanto mi capita di combinare qualche guaio.
Sto pensando alla mia prima torta. Avevo scovato la ricetta in un libro
di zia Alice, c’era molto cioccolato fra gli ingredienti, e così
decisi che avrei fatto quella torta. Avevo otto anni. Sapevo già fare
la spesa da sola, papà non ne aveva sempre il tempo, e il supermarket
era proprio sotto casa. Così sono scesa a comprarmi il necessario. Ho
fatto l’impasto e lo ho infornato, a quel punto però è arrivata
Genny. Lei era stata la mia prima amica a New York, era nella mia stessa
classe. Io sono scesa e insieme a sua madre siamo andate al parco in
fondo alla nostra strada. Ci ho passato diverse ore, avevo lasciato un
bigliettino per papà, quindi non si sarebbe preoccupato. Ad un certo
punto però la mamma di Genny sorridendo mi ha ripulito il viso da un
pezzettino di cioccolato e io sono sbiancata. Me lo ha detto Genny, ero
talmente pallida da farla preoccupare.
“La torta!!” ho
gridato e mi sono fiondata a casa, ho percorso quasi volando le tre
rampe di scale e ho aperto la porta. La puzza di bruciato e il fumo mi
facevano lacrimare gli occhi. Ho raggiunto il forno, e papà era lì,
con la torta carbonizzata in mano che mi fissava arrabbiatissimo. Non ho
mai avuto tanta paura! La sera mi è toccato il solito discorso sulla
responsabilità e sulla pericolosità di ciò che avevo fatto. Che noia!
La cosa peggiore è stato ripulire la cucina che avevo lasciato nel
caos, e non aver potuto mangiare la torta al cioccolato. Che tristezza,
tutto quel cioccolato sprecato!
18 settembre 1994
è tardi, e papà non
è ancora rientrato, Genny e sua madre sono qui con me. Genny dorme,
mentre la madre guarda la tv. Le hanno chiamate dalla TRINITY mi hanno
detto. Papà ha dato il loro numero in caso di problemi visto che
abitano nella mia stessa strada.Ho un bruttissimo presentimento.
L’ultima volta che papà è stato via così tanto senza avvisarmi era
rimasto ferito in una sparatoria. Quando tornerà a casa mi farò dire
tutto del suo lavoro! Ho sedici anni! È giusto che io sappia cosa fa
mio padre. Comunque sono molto preoccupata. Il cellulare è spento. Sia
quello che usa normalmente sia quello della TRINITY. Quest’ultimo
numero io non dovrei averlo, e papà mi ha fatto promettergli di non
usarlo se non in caso di estremo bisogno. Tradotto credo significhi che
non lo devo usare se non in punto di morte, ma oggi per la prima volta
lo ho usato. Non mi ha risposto. Penso che mi metterò a dormire se ci
riuscirò.
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