Addestramento
La
mattina dopo mi alzai molto presto. Ero in trepidazione all’idea che
avrei incominciato a imparare a combattere. Durante la giornata fui
colto molte volte in sovrappensiero dal professore che veniva ogni
mattina a Palazzo per istruirmi. Dopo pranzo salii in camera e cominciai
a leggere un giornale importato a Zion su mio ordine e non mi accorsi
che erano passati due minuti alle 4 del pomeriggio. Corsi subito in
palestra, dove il maestro già mi stava aspettando. Appena mi vide, mi
lanciò un’occhiataccia.
“Sei
in ritardo Thomas, che non accada mai più!”
Mi
rimproverò.
“Mi
scusi maestro.”
Risposi
io, a voce bassa. A quei tempi, nella palestra c’erano pochi attrezzi
rudimentali, nonostante fosse molto ampia. Mi avvicinai a lui,
aspettando che mi desse le prime lezioni su una qualsiasi tecnica di
combattimento.
“Bene
Thomas…sali sulla parete, vediamo come te la cavi.”
Rimasi
un attimo davanti a lui, chiedendomi perché dovessi farlo. << Ma
certo che posso salire su un piano verticale! >> Pensai.
“Allora
Thomas? Vai sulla parete.” Mi incito lui.
“Ma…ci
so camminare sulla parete, l’ho fatto anche in passato…” Protestai
io.
“Si,
Thomas, so tutto di quel che successe quattro anni fa, ma voglio vedere
come te la cavi…sali sulla parete, ora!” Disse lui, con un tono
autoritario.
Così
obbedii. Mi avvicinai alla parete, misi un piede sul muro e dopo un
attimo di esitazione, misi anche l’altro piede, rischiando però di
perdere l’equilibrio e cadere.
“Mmmm…no
Thomas, così non va. Devi migliorare.”
Sgranai
gli occhi. << Migliorare? E per quale motivo?! >> Le mie
aspettative furono deluse, ma non protestai ulteriormente. Feci
esercizio per tutto il pomeriggio, e così anche nei pomeriggi dei
giorni seguenti. Migliorai la mia camminata, ma non era abbastanza,
almeno per il maestro che continuava a dirmi cose del tipo…
“No
Thomas, no! Devi essere più deciso, più convinto, mi sembri un umano
con gli antigravitazionali ai piedi!”
Passarono
mesi. Ormai la camminata era perfetta, ma il maestro disse che ora
dovevo correre. << Ma nella mia vita non camminerò spesso sulla
parete, perché dovrei correre?!” >> Non ero molto d’accordo
con le sue decisioni, ma non potevo fare altrimenti. Molte volte caddi
poggiando male il piede, il mio corpo era pieno di lividi e sbucciature.
Una volta mi ruppi anche un braccio, ma nonostante ciò continuai a
provare. E quando (dopo mesi e mesi) imparai anche quello…
“Bene…sono
soddisfatto dei progressi che hai fatto…ora manca solo il soffitto!”
A
quell’affermazione mi sentii mancare. Caddi all’indietro quando me
lo annunciò dopo un lungo pomeriggio di corse attorno alle quattro mura
della palestra. Il giorno dopo cominciai a provarci. Mi avvicinai
all’angolo del soffitto. << Dai, in effetti non dev’essere
difficile, si tratta di passare da una dimensione all’altra, come dal
pavimento orizzontale alla parete verticale… >> Mi ripetevo
continuamente cercando di convincermi, ma dentro di me avevo paura che
se cadevo dal soffitto rischiavo di morire! Quando misi un piede sul
soffitto, caddi subito all’indietro, atterrando seduto sulla parete.
Lo spavento fu così tremendo che non volli più provare nemmeno nei
giorni seguenti.
“Thomas…devi
riuscirci…se non fai quest’ultimo sforzo non posso proseguire
l’addestramento…”
Fu
così che il mio addestramento ebbe una battuta d’arresto. Ricominciai
a passare le giornate in camera non avendo nulla da fare, steso sul
letto piuttosto che dilettarmi con i soliti divertimenti dei ragazzini
della mia età, ogni tanto leggendo qualcosa mentre i ricordi e i
pensieri più tristi mi assalivano senza che io potessi fermarli. Cosa
sarei diventato se avessi continuato a passare i miei pomeriggi in
camera a piangere sul passato? Un Re forse saggio o forse non amato dal
popolo, ma sicuramente un Re con un eterno desiderio di vendetta mai
soddisfatto, o che non potrà mai soddisfare, a causa del fatto di
essersi arreso alla prima difficoltà di un duro addestramento che lui
stesso avevo deciso di intraprendere fin da adolescente. Un Re il cui
errore commesso in passato l’avrebbe portato a rodersi l’anima
ripensando a quanto stupido fosse stato da giovane. E io questo non
volli mai accettarlo. Così capii che non potevo mandare a monte in
questo modo la mia occasione di diventare quella “macchina da
guerra” costruita per distruggere Cabal che tanto desideravo essere.
Fu per questo che mi convinsi a riprovare a vincere la mia paura di
cadere verso il basso, di cadere dal soffitto e stramazzare al suolo. Ma
non avvisai il maestro perché ne andava del mio orgoglio. Così mi
allenai in camera mia, sotto la zona del mio letto, così sarei
atterrato sul morbido in caso di caduta. Dopo settimane e settimane,
cominciai ad avere i primi risultati. Però nell’allenarmi, non
smettevo un attimo per riposare. Continuavo anche di notte, volevo
essere perfetto, quasi a voler dimostrare un giorno al maestro che era
una cosa che sapevo fare già da qualche anno. E fu una notte che mentre
camminavo quasi a occhi chiusi sul soffitto, mi addormentai lì
stendendomi senza volerlo a “terra”. Ero così stanco che il giorno
dopo continuai a dormire e non mi presentai alle lezioni. E infatti
subito diedero l’allarme e una cameriera, dopo aver bussato alla mia
camera, entrò nella stanza. Non mi vide nel letto, ma vide una strana
figura in alto. Appena capii che quella figura ero io che dormivo
beatamente sul soffitto, strillò impaurita, attirando l’attenzione
del maestro che passava di lì per caso. Subito accorse per vedere
cos’era successo, ma quando mi vide anche lui sorrise contento di
essere riuscito nel suo intento.
“Bene…ora
possiamo riprendere l’addestramento”
Disse
tra sé e sé, ridacchiando sotto i baffi, sotto gli occhi della
cameriera che non capì il senso di quelle parole. Altre persone
accorsero nella stanza allarmati, poi cominciarono a fissarmi divertiti.
Il maestro li allontanò tutti dalla mia camera, fino a raggiungermi sul
soffitto e svegliarmi.
“Forza,
in piedi, che oggi pomeriggio riprendiamo!”
Disse,
insolitamente allegro. Aprii gli occhi e vidi lui guardarmi dall’alto,
poi il lampadario a pochi metri da lui. In un attimo realizzai cosa era
successo e iniziai a tremare dalla paura. Non avevo ancora quella
consapevolezza di poter camminare dove e come voglio che conquistai
negli anni a venire, ma ci ero vicino.
Negli
anni a seguire, il maestro Bewise mi insegnò a combattere, mi trasmise
tutto il suo sapere. Per me fu quasi come un genitore acquisito. Non fu
soltanto un maestro delle arti del combattimento, ma anche un maestro di
vita. Io avevo fiducia e stima in lui che spesso mi difendeva dalle
solite persone desiderose di potere che sostenevano che ero troppo
immaturo per fare il Re e che dovevo cedere il trono a qualcun altro.
Occasionalmente mi ritrovavo anche a confidarmi con lui e chiedergli
consiglio, cose che prima d’ora non avevo mai fatto con nessuno. Ma
quel rapporto non durò ancora per molto. Qualche mese dopo che compii
il 15° anno d’età, il maestro, ormai stanco e molto vecchio, si
addormentò per non svegliarsi mai più…e io tornai a chiudermi in me
stesso, triste e rammaricato per aver perso un’altra persona a me
molto cara.
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