- IL DIARIO DI THOMAS A. ANDERSON -

( Re di Zion)

 

Addestramento

La mattina dopo mi alzai molto presto. Ero in trepidazione all’idea che avrei incominciato a imparare a combattere. Durante la giornata fui colto molte volte in sovrappensiero dal professore che veniva ogni mattina a Palazzo per istruirmi. Dopo pranzo salii in camera e cominciai a leggere un giornale importato a Zion su mio ordine e non mi accorsi che erano passati due minuti alle 4 del pomeriggio. Corsi subito in palestra, dove il maestro già mi stava aspettando. Appena mi vide, mi lanciò un’occhiataccia.

“Sei in ritardo Thomas, che non accada mai più!”

Mi rimproverò.

“Mi scusi maestro.”

Risposi io, a voce bassa. A quei tempi, nella palestra c’erano pochi attrezzi rudimentali, nonostante fosse molto ampia. Mi avvicinai a lui, aspettando che mi desse le prime lezioni su una qualsiasi tecnica di combattimento.

“Bene Thomas…sali sulla parete, vediamo come te la cavi.”

Rimasi un attimo davanti a lui, chiedendomi perché dovessi farlo. << Ma certo che posso salire su un piano verticale! >> Pensai.

“Allora Thomas? Vai sulla parete.” Mi incito lui.

“Ma…ci so camminare sulla parete, l’ho fatto anche in passato…” Protestai io.

“Si, Thomas, so tutto di quel che successe quattro anni fa, ma voglio vedere come te la cavi…sali sulla parete, ora!” Disse lui, con un tono autoritario.

Così obbedii. Mi avvicinai alla parete, misi un piede sul muro e dopo un attimo di esitazione, misi anche l’altro piede, rischiando però di perdere l’equilibrio e cadere.

“Mmmm…no Thomas, così non va. Devi migliorare.”

Sgranai gli occhi. << Migliorare? E per quale motivo?! >> Le mie aspettative furono deluse, ma non protestai ulteriormente. Feci esercizio per tutto il pomeriggio, e così anche nei pomeriggi dei giorni seguenti. Migliorai la mia camminata, ma non era abbastanza, almeno per il maestro che continuava a dirmi cose del tipo…

“No Thomas, no! Devi essere più deciso, più convinto, mi sembri un umano con gli antigravitazionali ai piedi!”

Passarono mesi. Ormai la camminata era perfetta, ma il maestro disse che ora dovevo correre. << Ma nella mia vita non camminerò spesso sulla parete, perché dovrei correre?!” >> Non ero molto d’accordo con le sue decisioni, ma non potevo fare altrimenti. Molte volte caddi poggiando male il piede, il mio corpo era pieno di lividi e sbucciature. Una volta mi ruppi anche un braccio, ma nonostante ciò continuai a provare. E quando (dopo mesi e mesi) imparai anche quello…

“Bene…sono soddisfatto dei progressi che hai fatto…ora manca solo il soffitto!”

A quell’affermazione mi sentii mancare. Caddi all’indietro quando me lo annunciò dopo un lungo pomeriggio di corse attorno alle quattro mura della palestra. Il giorno dopo cominciai a provarci. Mi avvicinai all’angolo del soffitto. << Dai, in effetti non dev’essere difficile, si tratta di passare da una dimensione all’altra, come dal pavimento orizzontale alla parete verticale… >> Mi ripetevo continuamente cercando di convincermi, ma dentro di me avevo paura che se cadevo dal soffitto rischiavo di morire! Quando misi un piede sul soffitto, caddi subito all’indietro, atterrando seduto sulla parete. Lo spavento fu così tremendo che non volli più provare nemmeno nei giorni seguenti.

“Thomas…devi riuscirci…se non fai quest’ultimo sforzo non posso proseguire l’addestramento…”

Fu così che il mio addestramento ebbe una battuta d’arresto. Ricominciai a passare le giornate in camera non avendo nulla da fare, steso sul letto piuttosto che dilettarmi con i soliti divertimenti dei ragazzini della mia età, ogni tanto leggendo qualcosa mentre i ricordi e i pensieri più tristi mi assalivano senza che io potessi fermarli. Cosa sarei diventato se avessi continuato a passare i miei pomeriggi in camera a piangere sul passato? Un Re forse saggio o forse non amato dal popolo, ma sicuramente un Re con un eterno desiderio di vendetta mai soddisfatto, o che non potrà mai soddisfare, a causa del fatto di essersi arreso alla prima difficoltà di un duro addestramento che lui stesso avevo deciso di intraprendere fin da adolescente. Un Re il cui errore commesso in passato l’avrebbe portato a rodersi l’anima ripensando a quanto stupido fosse stato da giovane. E io questo non volli mai accettarlo. Così capii che non potevo mandare a monte in questo modo la mia occasione di diventare quella “macchina da guerra” costruita per distruggere Cabal che tanto desideravo essere. Fu per questo che mi convinsi a riprovare a vincere la mia paura di cadere verso il basso, di cadere dal soffitto e stramazzare al suolo. Ma non avvisai il maestro perché ne andava del mio orgoglio. Così mi allenai in camera mia, sotto la zona del mio letto, così sarei atterrato sul morbido in caso di caduta. Dopo settimane e settimane, cominciai ad avere i primi risultati. Però nell’allenarmi, non smettevo un attimo per riposare. Continuavo anche di notte, volevo essere perfetto, quasi a voler dimostrare un giorno al maestro che era una cosa che sapevo fare già da qualche anno. E fu una notte che mentre camminavo quasi a occhi chiusi sul soffitto, mi addormentai lì stendendomi senza volerlo a “terra”. Ero così stanco che il giorno dopo continuai a dormire e non mi presentai alle lezioni. E infatti subito diedero l’allarme e una cameriera, dopo aver bussato alla mia camera, entrò nella stanza. Non mi vide nel letto, ma vide una strana figura in alto. Appena capii che quella figura ero io che dormivo beatamente sul soffitto, strillò impaurita, attirando l’attenzione del maestro che passava di lì per caso. Subito accorse per vedere cos’era successo, ma quando mi vide anche lui sorrise contento di essere riuscito nel suo intento.

“Bene…ora possiamo riprendere l’addestramento”

Disse tra sé e sé, ridacchiando sotto i baffi, sotto gli occhi della cameriera che non capì il senso di quelle parole. Altre persone accorsero nella stanza allarmati, poi cominciarono a fissarmi divertiti. Il maestro li allontanò tutti dalla mia camera, fino a raggiungermi sul soffitto e svegliarmi.

“Forza, in piedi, che oggi pomeriggio riprendiamo!”

Disse, insolitamente allegro. Aprii gli occhi e vidi lui guardarmi dall’alto, poi il lampadario a pochi metri da lui. In un attimo realizzai cosa era successo e iniziai a tremare dalla paura. Non avevo ancora quella consapevolezza di poter camminare dove e come voglio che conquistai negli anni a venire, ma ci ero vicino.

Negli anni a seguire, il maestro Bewise mi insegnò a combattere, mi trasmise tutto il suo sapere. Per me fu quasi come un genitore acquisito. Non fu soltanto un maestro delle arti del combattimento, ma anche un maestro di vita. Io avevo fiducia e stima in lui che spesso mi difendeva dalle solite persone desiderose di potere che sostenevano che ero troppo immaturo per fare il Re e che dovevo cedere il trono a qualcun altro. Occasionalmente mi ritrovavo anche a confidarmi con lui e chiedergli consiglio, cose che prima d’ora non avevo mai fatto con nessuno. Ma quel rapporto non durò ancora per molto. Qualche mese dopo che compii il 15° anno d’età, il maestro, ormai stanco e molto vecchio, si addormentò per non svegliarsi mai più…e io tornai a chiudermi in me stesso, triste e rammaricato per aver perso un’altra persona a me molto cara.

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